Da giovedì 31 agosto, è in proiezione nelle sale cinematografiche italiane “Dunkirk”, l’ultimo film capolavoro del celebre regista Christopher Nolan. Il lungometraggio è ambientato, e girato, nella cittadina omonima di Dunkirque, nei pressi del litorale francese bagnato dal Canale della Manica. Protagonista della vicenda è l’esercito anglo-francese che, accerchiato dalle potentissime forze militari naziste, si ritrovò nella primavera del 1940 compassato lungo la costa, senza vie d’uscita, destinato a morte certa. Con la sola speranza che la Marina inglese possa correre in loro aiuto.
Dunkirk è, innanzitutto, un film. Ma non solo. Vuole essere una fotografia di guerra, la testimonianza di ciò che essa rappresenta. Con la sola e maniacale descrizione di questo evento (Nolan ha curato ogni dettaglio al punto che Harry Styles ha raccontato che il primo giorno di riprese il regista lo sgridò perché non si era allacciato gli scarponi nel modo usato dai soldati britannici nel 1940), il regista è riuscito a mettere in luce la “psicologia” della guerra, fatta non solo di strategie militari, calcolate abilmente dai generali, ma entrando caparbiamente nella mente di ogni soldato. Dall’espressività emotiva degli attori, si trasuda terrore, voglia di vivere, disperazione. Anche uno scontro intestino tra i militari era frutto della pressione a cui essi erano soggetti. La morte marciava verso di loro costantemente.
È proprio il tempo il secondo protagonista della vicenda. Inception, Interstellar (altri lavori di Nolan) sono anch’essi una lotta contro il tempo, ma qui il regista si supera. Affibbia, pertanto, al tempo un valore primordiale, essenziale dunque alla vicenda. L’attesa delle navi alleate, l’attesa dell’alta marea, l’attesa di poter tornare a casa diventano la chiave di lettura meravigliosamente atroce per poter comprendere appieno questo titolo cinematografico.
Il vero obiettivo del regista, insomma, non è tanto raccontare una storia (ad esempio del passato e del futuro dei personaggi principali non si farà menzione). Ma vuole consegnare allo spettatore un’esperienza coinvolgente ed autentica di guerra. Nel film si parla poco, domina la fotografia magistrale Hoyte Van Hoytema che concede allo spettatore una panoramica che nemmeno gli attori possiedono, il tutto sottolineato dalle musiche incredibilmente suggestive di Hans Zimmer, un maestro nel suo campo.
Abbiamo detto, dunque, che Dunkirk non è solo un film. È più propriamente un’esperienza che sa assorbire lo spettatore, lo rende militare, generale, aviatore egli stesso, non risparmiandolo ad alcuna bomba lanciata durante il film. Ogni istante la morte può essere vicina, e chi vede il film deve respirare questo ritmo incalzante, marcato dall’incessante ticchettio del tempo che accompagna tutta l’opera. La suspence farà da compagnia a chiunque vorrà immergersi in questa realtà.
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