PSDM, FDM, CDM, MADM, SUDM. Tutte sigle apparentemente senza senso, che per i giovani frequentatori della rete e dei social network hanno già un grande significato.
Siamo partiti con il contagioso fenomeno “Spotted” (in italiano: “avvistato”), una pagina Facebook nata allo University College of London, che consente agli universitari di pubblicare sulla bacheca annunci anonimi e messaggi romantici indirizzati a sconosciuti ed ignari destinatari, una sorta di Cupido del terzo millennio. L’idea londinese è stata molto apprezzata in varie parti d’Europa e il fenomeno si è diffuso a macchia d’olio per poi sbarcare, ovviamente, anche in Italia dove la prima Università ad essere contagiata è stata la Sapienza di Roma, che ha dato successivamente avvio alla diffusione del bacillo-Spotted. Ad oggi anche nella nostra città esistono Spotted-Uniba e Spotted-Poliba, ma la diffusione sembra inarrestabile: sono nate anche pagine Spotted che interessano aree e situazioni più limitate come “Spotted-Trenitalia” che interessa esclusivamente i pendolari e che rende i tragitti in treno molto più interessanti ed elettrici. Il risultato è che migliaia di adolescenti non riescono più ad essere naturali e spontanei neanche sul luogo di lavoro o di studi, sempre preoccupati (o desiderosi) di essere spottati, convivendo con la perenne sensazione di essere continuamente su un palcoscenico e sotto i riflettori. Infatti, se a prima vista il fenomeno Spotted può sembrare l’ennesima prova della forza aggregante del collaudato e potente social network, in realtà evidenzia quanto gli studenti abbiano seri problemi semplicemente ad iniziare o, ancora peggio, a sostenere una conversazione con una persona nuova, superando la barriera di imbarazzo che li divide. Sempre più frequentemente, infatti, adolescenti e non più adolescenti si trincerano dietro il proprio pc usandolo come passepartout per ogni situazione, esponendosi solo parzialmente ai rischi che la vita potrebbe riservare. Una sorta di coperta di Linus, un mantello dell’Invisibilità, uno scudo virtuale dietro cui godersi (virtualmente) la vita. Ma se da un lato gli effetti della finta “vita in vetrina” sono disastrosi dall’altro nascono delle realtà di forte impatto sociologico che, al momento, danno da pensare a sociologi e psicologi, come le pagine Facebook “FDM”, “PSDM” e tante altre verità celate dietro simili acronimi. In cosa consistono? Riunire, radunare e, a volte, consolare, migliaia di utenti della rete accomunati da spiacevoli esperienze della vita, dalla brusca rottura con il pessimo fidanzato di turno, o esperienze sessuali o intime finite in tragicommedia, il tutto condito da un pizzico di divertente e sagace ironia. In pochi giorni, più di 400.000 apprezzamenti alle pagine e centinaia di messaggi ed esperienze (rigorosamente anonimi) condivise pubblicamente e sdrammatizzate da consigli, complimenti o scambi d’opinioni. Quasi una bambola Voodoo per esorcizzare le paure, le delusioni, le preoccupazioni, i dolori che la vita ogni tanto regala. Il meccanismo che si innesca porta alla condivisione totale delle esperienze negative e non, arrivando a rispecchiarci nella vita privata di un altro utente, magari distante kilometri da noi e svilendo le nostre apprensioni, diluendole nel cocktail di delusioni degli altri. Come si suol dire, “mal comune, mezzo gaudio”. Dall’altro lato, un punto di riferimento. In un momento storico in cui i giovani sono additati come inaffidabili, incapaci e inetti, lo smarrimento e un senso di sfiducia si è impadronito di loro, che arrivano a far blocco virtualmente confrontandosi l’un l’altro ed arrivando a preferire una confidenza pubblica a migliaia di sconosciuti rovesciata in chiave comica, piuttosto che il dialogo aperto con famiglie, adulti ed educatori. Si cercano conferme negli apprezzamenti degli altri, grazie a quell’arma micidiale o benefico sollievo chiamato “mi piace”. Due lati della stessa medaglia, di una vita che è sempre più degli altri e sempre meno nostra. Sempre più “divertente” e sempre meno ragionata. Una vita che va goduta a tutti i costi, sempre e ovunque, ma che, alla fine, diventa sempre più irreale, inconsistente e banale.
Chiara De Gennaro
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