Effetto domino su un nuovo reato “à la mode”: rubare pigne in parchi pubblici. Già un mese fa nel Prenestino nel parco Tor Tre Teste, un gruppo di incensurati organizzati nel bel mezzo del parco accessoriati di scale e cesoie provvedevano a recidere dagli alberi le pigne. Cosa ci fanno con le pigne? Per le aziende del settore valgono dalle 80 alle 100 euro al quintale e i pinoli valutati a 60 euro al chilo, per dolci e farine, per addobbi, per creme e olii, l’utilizzo delle pigne è variegato. I “pini sono un bene pubblico e si deve impedire che marciscano sugli alberi” e la legge morbida e accondiscendente con chi ruba milioni dei soldi pubblici fa sentire il braccio duro della legge con i “pignaroli” che sono già segnalati e rischiano di incorrere in problemi penali soprattutto se arrecano danni agli alberi. Molti non subiscono neanche la convalida di reato per l’iirrisorietà del reato che ha visto già in tempi passati “cacciatori di funghi e “raccoglitori di more sui cigli delle strade di campagna. Dopo i ladri di rame, i ladri di galline, e i ladri di milioni dei contribuenti, ci sono i ladri di pigne: il furto dei nuovi poveri e di chi vuole guadagnare qualche centinaio di euro raccogliendo pigne che marciscono e cadono spontaneamente dagli alberi. Ancor prima a Casalpalocco rubati 500kg di pigne, poi a Napoli nei parchi e nei viali alberati colpiscono i “predoni delle pigne”. Di sicuro un danno di poca importanza per i cittadini laziali, rispetto a chi ancora ricorda il famoso milione e 90mila euro che sono qualche mese fa sono stati restituiti alla regione dopo le “spese pazze del l’ex capogruppo Pdl Fiorito”. Una giustificazione valida per i ladri di pigne? Riguarda pur sempre un furto, una sottrazione illecita ma di poco conto se si pensa che prima o poi le pigne cadono giù spontaneamente dall’albero dopo esser marcite sui rami.
Giuseppina Raco