Finisce la partita, inizia la festa. Come di consueto, dopo una partita, dopo quella partita, i soliti cortei di auto tricolore sono partiti, giovedì sera, anche per le vie principali di Andria (BAT). Ma un gruppetto di “tifosi” da’ inizio ai loro “festeggiamenti” subito dopo aver sorpassato il passaggio a livello di Via Trani. Davanti a centinaia di persone, che increduli assistono allo “spettacolo”, decidono di distruggere qualsiasi cosa li capiti a tiro.
Si passa dai cartelloni pubblicitari ai bidoni, dai bidoni alle piante, creando un disordine del tutto inutile e gratuito. Alcuni dei passanti cercano di rimediare al disastro, ma purtroppo è praticamente impossibile dare un freno all’euforia distruttiva senza freni di questi finti tifosi, che rovinano ancora una volta la già macchiata pagina del calcio (e delle tifoserie) italiane. E le forze dell’ordine non hanno visto (o fatto finta di non vedere) ciò che stesse succedendo.
Ma a rendere il tutto ancor più pericoloso è stata, anche, la presenza di famiglie. Moltissimi erano i bambini e i ragazzini presenti per le vie in questione, che attoniti assistevano a queste scene degne di film di serie Z. Oltre al rischio di provocare lesioni e danni agli spettatori di questo triste show, la cittadinanza andriese si augura che questi vandali non saranno un giorno presi ad esempio dai tanti minorenni che hanno assistito alla scena. La furia distruttiva di questo gruppo tristemente diventato famoso ci fa ancora una volta pensare. È possibile che ogni evento sportivo, ogni motivo di gioia e irrefrenabile euforia di noi tifosi, debba per forza essere macchiato da comportamenti incivili, risse (numerosissimi i casi, anche nel capoluogo di regione, in cui ci si è abbandonati a combattimenti gallo-romani nel pieno centro della città), pestaggi, furti, danni all’aredamento urbano e pubblico, inquinamento dovuto alle migliaia di bottiglie lanciate in mare o abbandonate per strada. Quando la nostra euforia sportiva, soprattutto calcistica, si trasformerà anche in irrefrenabile educazione ambientale?
Chiara De Gennaro