Fa molto discutere la presa di posizione da parte dell’Ordine dei giornalisti, che ha portato alla sospensione per sessanta giorni di Filippo Facci, giornalista noto per i suoi toni sempre molto polemici ed intransigenti. La causa è stata un articolo scritto circa un anno fa e pubblicato sul quotidiano per cui lavora “Libero”, dal titolo: ‘Perché odio l’Islam’. Come pena, è stato stabilito che non solo non potrà scrivere nell’arco di tempo stabilito, ma non dovrà neanche usufruire del suo salario in quanto giornalista. Nell’articolo, Facci afferma: “io odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre, odio il loro odio che è proibito odiare” (articolo intero).
L’accusa, da parte del tribunale dell’ordine dei giornalisti, è stata sostenuta dall’avvocatessa estensiva Claudia Balzarini, la quale ha espresso che: “le affermazioni contenute nell’articolo hanno un evidente carattere razzista e xenofobo”. “Facci offende una religione e un intero sistema di valori. Non può non rilevarsi che, per l’islam, il Corano ha un valore diverso di quello che per le altre religioni rivelate hanno i libri sacri”. Si tratta di un “attacco diretto, indiscriminato e generalizzato verso un gruppo di persone che costituisce un quarto del genere umano”.
I dibattiti in merito sono stati particolarmente accesi. Indipendentemente dal discutibile contenuto dell’articolo, si è parlato di censura da parte dell’Ordine dei giornalisti nei confronti di un’idea; è stata messa in discussione, insomma, la libertà di espressione di Filippo Facci. Enrico Mentana, a tal proposito, si è schierato “a spada tratta” a favore del collega. Pur non condividendone le idee, infatti, egli riconosce la dignità dell’opinione di Facci riguardo alla religione islamica. Propone, d’altronde, la chiusura dell’Ordine, dal momento che la voce di un giornalista non può rischiare di doversi adeguare a delle regole che vincolano la libertà di espressione (al di là delle leggi dello Stato).
La difesa di questa decisione è stata condotta dal Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti, da cui è emerso che “non si deve valutare se Facci sia o meno razzista, ma se l’articolo, da lui scritto, appaia in linea con le regole che i giornalisti si sono date per evitare la diffusione di scritti che possono ledere la dignità delle persone appartenenti a razze o religioni diverse da quella maggioritaria, e possano rafforzare e legittimare nei lettori opinioni di natura razzista”. Va tenuto in considerazione, infatti, che “le parole sono di pietra”, affermava Carlo Levi. Affermazioni volutamente provocatorie ed incisive, come l’articolo di Facci, incidono inevitabilmente sull’opinione pubblica contemporanea.
Non spetta al sottoscritto giudicare cosa sia giusto o falso, né tanto meno valutare l’operato dell’Ordine dei giornalisti o, addirittura, la sua esistenza. Ciononostante, bisogna saper assumersi le proprie responsabilità. È bene provocare, qualsiasi sia l’idea. È significativo saper sfidare le regole. Ma “le parole sono di pietra”, e spesso se ne deve anche sopportare il peso.