L’Ass. regionale pugliese Guglielmo Minervini ha pubblicato quest’oggi sul suo profilo Facebook un’interessante riflessione sull’attuale situazione in cui versano i partiti politici. Ci piace proporla anche ai nostri lettori.
Il protrarsi della clausura terapeutica mi impedisce di condividere con voi questo stimolante momento di confronto.
Come l’ossigeno abbiamo bisogno di momenti comuni che consentano ai nostri pensieri di respirare insieme, per non perdere il filo, in quest’ora così grigia e smarrita.
L’analisi profonda e convincente del bel libro di Marco Revelli offre molte consapevolezze e aiuta a sollevare le domande giuste da cui far ripartire la ricerca.
La consapevolezza è che un epoca sia finita. E la crisi della forma partito sia più effetto che causa di questo mutamento. L’eclisse del modello fordista, su cui si è forgiata la nostra visione gerarchica e funzionale del mondo, ha travolto con se anche le forme con le quali la politica aveva dato struttura permanente alla propria presenza nella società. Quel modello non esiste più. Non esistono più quei partiti, non esiste più quell’idea di militanza, non esiste più quella costellazione di soggetti che articolavano in modo complesso le relazioni con la società. Finito. Imploso.
Siamo nel cuore di un passaggio strutturale, del quale scorgiamo in questa fase prevalentemente gli aspetti problematici e degenerativi.
Ad esempio, se dovessimo trarre un bilancio della transizione di questo ultimo ventennio con una fotografia della vicenda politica, così come si presenta ai nostri occhi proprio in questi giorni, dovremmo concludere che:
– da una parte abbiamo subìto la vulnerabilità della nostra democrazia alla più inquietante degenerazione della “democrazia del pubblico”, incarnata, in una forma estrema, dal berlusconismo;
– dall’altra dobbiamo amaramente concludere sull’incapacità di costruire dal basso forze politiche democratiche che incarnino un’alternativa reale e riconoscibile di governo, aperta a forme innovative di interazione con la società;
– dall’altra ancora la reazione grillina nelle forme della post-democrazia che pensa di affidare al click la soluzione di tutti i problemi.
Basta a legittimare conclusioni pessimistiche?
Penso di no.
Piuttosto, penso che quest’analisi debba radicare la consapevolezza della complessità della transizione. Siamo in mezzo al guado. E molte cose possono accadere. Anzi stanno già accadendo. Bisogna affinare lo sguardo.
Ad esempio, la cittadinanza attiva è una delle novità politiche più interessanti di questi ultimi anni. Apre a una rottura irreversibile: i cittadini come soggetti titolari dell’azione sullo spazio pubblico, come soggetti politici e non come esercito che giace alla base della piramide, attivabili solo su ordini dell’alto.
La cittadinanza attiva non è più solo quella che agisce negli spazi civici ma anche nei luoghi politici: esige, si indigna, occupa, promuove, incide.
Ancora. C’è una generazione di giovani che, a partire dal web, sta scrivendo una pagina totalmente inedita di cambiamento sociale e politico attraverso la social innovation: cambiare il mondo senza attendere che la politica lo permetta. L’azione per la tutela dei beni comuni e per la rigenerazione del legame di comunità sta crescendo come tratto comune della cultura di una nuova generazione. Nuova visione del mondo, nuova visione dell’impresa, nuova visione della responsabilità sociale, nuova visione della partecipazione politica. In nuce, per dirla con Revelli, si comincia a scorgere il nuovo paradigma.
Certo tutto è ancora embrionale. E contraddittorio. Ma basta a non legittimare conclusioni affrettate.
Allora non sono pessimista.
Stiamo all’interno di un mutamento epocale.
Probabilmente moriranno i partiti così come li abbiamo conosciuti: anzi a giudicare da quello che è accaduto in questi giorni, sono già morti.
Ma il bisogno di organizzare la nostra voglia di cambiare il mondo insieme: quello non muore. Cambia pelle. Cambia forma. Forse tra qualche tempo scopriremo anche che ha bisogno anche di cambiare nome.
Ed è il bello della democrazia. Di fronte alla crisi risponde in modo creativo. E ci spiazza. E ci porta dove non avremmo mai immaginato.
Ecco questi pensieri avrei voluto condividere con voi stasera.
E perdonatemi se questa camera sterile consente solo il vettore sterile dello scritto rispetto al più caldo e arricchente incrocio di sguardi.
Buona riunione a tutti.
Gugliemo Minervini