Mia figlia stamattina, come ogni giorno, si è recata a scuola. Diciotto anni, si sveglia presto ed è lì alle otto meno un quarto, la stessa ora dell’attentato di Brindisi. Vorrebbe dormire, ma in fondo recarsi lì, a scuola , ritrovare i compagni, i professori è il ritrovare il proprio ambiente di sempre, piacevole, sicuro ed accogliente. Da lunedì sarà così per lei, per i nostri figli? Potranno trattenersi fuori davanti agli istituti tranquilli, sorridenti, commentare i fatti del giorno prima? Dovranno guardarsi attorno se qualche maleintenzionato ha con sè un telecomando per far scoppiare una bomba?
Si diceva che è la prima volta che in Italia viene colpita una scuola da vigliacchi, è vero, ma i ricordi vanno a Milano, Bologna, Capaci e Palermo con storie diverse ma che hanno tutti un comune denominatore: la verità non è venuta completamente fuori, anzi è stata contaminata. Sarà così anche per Brindisi?
Stamani mentre ascoltavo queste notizie ho pianto, le lacrime erano di un padre di una ragazza come Melissa, pensando a suo padre, alla madre che apprendono la morte di una figlia e pensano che è morta in un ambiente neutro, affidabile come una scuola. La scuola che è il ganglio vitale di uno Stato è stata violata, indifesa vittima di bestie.
Ho sentito amici insegnanti, ho chiamato il dottor Di Lernia, collaboratore di questa testata, che opera nell’Ospedale di Brindisi per sentire delle condizioni dei ragazzi ma aveva il cellulare spento, forse impegnato a curare i feriti di questo attentato. Ho pianto con alcuni di loro e me ne scuso, ora è il momento di riflettere. Sono tornato a casa, ho visto mia figlia che riposava e mi sono rasserenato.
Leonardo Damiani