A volte ritornano. Sembrava fossero destinati a rimanere una pagina della storia del rock anni ’90 e invece, rieccoli. I Cranberries, quelli di Zombie, la loro canzone che più ha fatto emozionare e che con l’album No Need To Argue li ha portati al successo planetario, avevano dato l’addio alle scene come gruppo nel 2003.
Troppo presto forse, se in giro c’è gente la cui longevità artistica è inversamente proporzionale al talento espresso, e non facciamo nomi per rispetto… La cantante Dolores O’Riordan, vera musa ispiratrice e principale compositrice insieme a Noel Hogan (fratello dell’altro membro Mike, completa il quartetto il batterista Fergal Lawler ) ha poi continuato la carriera solista ma senza riscuotere altrettanto successo.
Escludendo il loro primo Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We? ancora acerbo, Il percorso del gruppo irlandese di Limerick ha avuto fasi più oscure come il cupo To the Faithful Departed ma anche l’ottimo Bury The Hatchet, dove l’influenza psichedelica di band come gli Smiths ha sfornato i godibilissimi pezzi Animal Instinct, Promises e il bellissimo Just My Imagination.
Nel 2001 pubblicano il controverso Wake Up and Smell the Coffee, che in un certo senso prelude allo scioglimento. In effetti qui “I Mirtilli” (come li chiameremmo in italiano) paiono aver perso la loro linfa creativa.
Dopo il rompete le righe, nel 2009 annunciano il loro ritorno con il tour Reunion Tour che termina nel 2010. Successivamente a fine 2011 pubblicano il singolo Tomorrow, che raggiunge il quinto posto nella classifica airplay in Italia e preannuncia l’uscita di un nuovo lavoro.
E visto chè un pò di pubblicità non guasta mai, in poche ore piombano direttamente da Los Angeles a Sanremo con questa loro ultima proposta ospiti della kermesse morandiana . La canzone è in linea con il loro migliore vena melodica e fa ben sperare per l’uscita dell’album Roses, che vede la luce il 27 febbraio 2012. Va subito detto che l’album forse deluderà chi si aspetta il sound molto energico e a tratti duro che ha segnato una parte importante della loro storia, per lasciare il passo ad ambientazioni più soft e ad una maggiore ricercatezza stilistica, quasi a voler dimostrare una raggiuntà maturità rispetto alle tensioni più giovanilistiche del passato.
Anche qui la voce penetrante ed evocativa della O’Riordan tesse l’intera trama di un disco che comunque, e su questo rassicuriamo gli estimatori, tenta di recuperare in gran parte quelle sonorità che li hanno contraddistinti, senza tuttavia raggiungere gli apici dei momenti migliori.
Oltre al menzionato singolo Tomorrow dal classico marchio Cranberries, perfettamente riuscito ed anche il più adattabile radiofonicamente, Conduct apre con una decisa impronta irish folk moderna, mentre il più rockeggiante Schizophrenic Playboy segna una tendenza più aperta alla sperimentazione.
Non manca in tal senso un tocco di elettronica con Losing my mind, mentre gli arrangiamenti con violino e chitarre nel sottofondo in Show Me e il violoncello in Waiting in Walthamstow aggiungono autenticità alla prosa, Suscitano un certo interesse Astral Projections, vagamente etereo e dream-pop e So Good, con echi pop di scuola Bristol anni ’90, entrambi da annoverare tra i brani più riusciti. Chiude la titletrack Roses, ballata dal sapore acoustic folk con arrangiamenti d’autore.
E’ evidente anche in questo album la mano del produttore storico Stephen Street, che sta proprio a significare la ricerca di quella freschezza e originalità andata perduta negli ultimi tempi, e che si può dire sia stata almeno in parte ritrovata.
Probabilmente i fan della band rimarranno alla fine più affezionati ai loro trascorsi e non gliene possiamo dar torto, ma questo Roses è da considerare a nostro avviso un lavoro, seppur non memorabile, di sostanza e sicuramente intrigante, e di questi tempi non è cosa di poco conto.
Enrico Alfarano
Ancona