La casbah sonora dei Seiottavi, il gruppo palermitano a cappella
che spazia da Bach ai Goblin, da Mozart a Morricone, si chiama Vuccirìa,
proprio come lo storico mercato della metropoli siciliana immortalato da
Renato Guttuso. Dopo aver ispirato un pluripremiato cortometraggio musicale,
cui ha fatto seguito un disco omonimo, adesso dà il nome allo spettacolo
«C’è Vuccirìa», che l’ensemble vocale presenta mercoledì 25 aprile (ore 20),
al Teatro van Westerhout di Mola di Bari, per le Stagioni dell’Agìmus
(Associazione Giovanni Padovano Iniziative Musicali) dirette da Piero Rotolo
all’interno della Rete di musica d’arte Orfeo Futuro. La formula è quella
del Family Concert, con condizioni di accesso agevolate per i nuclei
famigliari.
Germana Di Cara, Alice Sparti, Ernesto Marciante, Kristian Andrew T.
Cipolla, Vincenzo Gannuscio e Massimo Sigillò Massara si muovono nel tempo e
nello spazio con la loro orchestra vocale. E toccano anche l’universo di
Brahms, Rota, Sherman, Randazzo, Chilcott, Anderson, Emerald e Jenkins, per
creare quello stesso meltin’ pot di cultura e culture rappresentato da
Palermo, città impegnata nel ruolo di Capitale italiana della Cultura nel
2018, anche nel segno della Vuccirìa, considerata ancora oggi da molti
palermitani il vero cuore pulsante della città, nonostante le trasformazioni
che questo luogo, da sempre crogiuolo di colori, odori e rumori, ha dovuto
subire negli anni. Perché nella sua intrinseca poliedricità, la Vuccirìa
riamane a tutt’oggi un modello archetipico di multiculturalità, un luogo
magico in cui tutto è possibile, in cui gli opposti convivono: l’antico col
nuovo, il sacro col profano, il casto col licenzioso, il reale col
fantastico.
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