Non solo Vito Lorusso, ma anche altri medici in servizio all’Istituto tumori Giovanni Paolo II avrebbero tenuto comportamenti irregolari nei confronti dei loro pazienti e dell’azienda per cui lavorano.
Situazioni simili a quelle su cui la Procura della Repubblica sta indagando nell’ambito dell’inchiesta che una settimana fa ha fatto finire Lorusso in carcere, con le accuse di concussione e peculato, dopo l’arresto in flagranza da parte della polizia e il 15 ai domiciliari su ordinanza della giudice Rosa Caramia.
Nell’interrogatorio di convalida il medico 69enne, assistito dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta, ha spiegato che i 200 euro consegnati da un paziente alle 9 del 12 luglio nel suo studio — la cui dazione è stata ripresa dalle telecamere — non erano una mazzetta per agevolarne il percorso terapeutico ma “il regalo di un amico”.
La pm Chiara Giordano lo accusa di 19 episodi ai danni di 16 malati di cancro ed è su questi che oggi la gip lo interrogherà di nuovo. Ma non è detto che il primario risponderà. I fatti contestati si riferiscono al periodo tra il 20 giugno e il 12 luglio scorsi, durante il quale — rimarca l’ordinanza — “non vi è stato neanche un giorno in cui non ha commesso neanche un reato di peculato o concussione”. Per documentarli, la Procura ha prodotto video e intercettazioni ora finite all’esame della difesa. Che sta preparando le sue contromosse e decidendo se sia meglio cercare di spiegare o rimandare i chiarimenti a un momento successivo.
Negli esposti arrivati nei mesi scorsi, alcuni anonimi ma altri con tanto di nomi e cognomi, viene raccontata una realtà molto simile a quella a cui hanno fatto riferimento i numerosi commenti che nei giorni successivi all’arresto del primario hanno fatto da corredo agli articoli in cui si raccontava l’inchiesta. “Ce ne sono altri di medici che fanno questo. Ora è diventato quasi un obbligo se vuoi essere curato”, scrive L.M. “Quando contattai un noto medico mi ricevette alle 9 di domenica e mi disse ‘se avete proprietà preparatevi a venderle’”, aggiunge N.N..
C’è da evidenziare che i pazienti oncologici, avendo codice di esenzione 048, non devono corrispondere nessuna somma. Delle visite, in ogni caso, deve risultare traccia nei database delle aziende sanitarie. Nel caso Lorusso, invece, controlli effettuati dalla polizia giudiziaria sui dati in possesso dell’Oncologico hanno evidenziato come i nomi dei pazienti che gli hanno consegnato denaro non figurano tra quelli che hanno prenotato visite né tramite il Servizio sanitario nazionale né tramite il Cup. “Si tratta quindi di visite private — ha detto la gip — svolte senza alcuna registrazione e contabilizzazione al Cup e dunque senza corrispondere all’ente di appartenenza le quote di spettanza”. In questo si concretizzerebbe di conseguenza il peculato.
Prendeva alcune precauzioni quando parlava con i pazienti, ma allo stesso tempo commetteva passi falsi. Per esempio, facendosi pagare con i bonifici da alcuni assistiti. A una donna che il 20 giugno si era recata alla visita, senza avere alcuna prenotazione al Cup né fattura, il medico aveva chiesto se avesse del contante e lei aveva risposto: “Pago con il bonifico, come abbiamo sempre fatto”. Sono in corso approfondimenti per capire se le cose, in quel reparto, funzionassero così anche in passato.