“Oggi il cuore della Chiesa guarda gli occhi di Gesù in questi bambini e bambine e vuole piangere”. Questo ha affermato Papa Francesco, durante l’omelia alla Santa Messa tenutasi il 7 luglio scorso nella cappella della Domus Sanctae Marthae. La funzione si è svolta alla presenza di alcune vittime di abusi sessuali da parte di esponenti del clero. Il Papa inizia la sua omelia partendo dall’immagine di Pietro, che vede Gesù uscire dal duro interrogatorio e incrocia il suo sguardo e piange!
Papa Francesco chiede a Gesù “la grazia del suo piangere”.
La chiesa di Cristo deve piangere e riparare per tutti quei sacerdoti che hanno “tradito la loro missione”.
Il Papa, però, si spinge ben oltre la richiesta di perdono alle vittime e insegna senza mai perdere il suo stile delicato e accogliente, quello che San Paolo afferma nell’Inno alla Carità: ”La carità non tiene conto del male ricevuto […] tutto tollera, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”, tranne il male. Il male perpetrato sui minori da parte di alcuni uomini di Chiesa, che avevano la responsabilità di condurre per mano queste anime innocenti a Dio, è un tipo di male che la carità non può sopportare. Sono questi i delitti contro l’umanità che feriscono il volto stesso della Chiesa, che viene sporcata e oltraggiata da questi personaggi.
Già Benedetto XVI aveva preso provvedimenti più chiari e secondo giustizia nei confronti dei preti pedofili e ieri Francesco ha affermato senza alcun timore: “ “Non c’è posto nel ministero della Chiesa per coloro che commettono abusi sessuali; e mi impegno a non tollerare il danno recato ad un minore da parte di chiunque, indipendentemente dal suo stato clericale. Tutti i vescovi devono esercitare il loro servizio di pastori con somma cura per salvaguardare la protezione dei minori e renderanno conto di questa responsabilità” ”.
La Bibbia è molto esplicita su chi scandalizza i più piccoli: “Per tutti noi vale il consiglio che Gesù dà a coloro che danno scandalo, la macina da molino e il mare (cfr Mt 18,6)”.
Francesco in prima persona si è impegnato con le vittime di abusi sessuali per vigilare meglio sulla preparazione al sacerdozio. La flessione delle vocazioni, soprattutto nell’area occidentale, non deve mai essere un motivo per abbassare la guardia circa il discernimento di coloro che saranno le guide del popolo di Dio. In questo senso allora il lavoro deve essere duplice: da un lato bisognerebbe rimettere in questione il modo di reclutare i nuovi sacerdoti e dall’altra dare maggiore spazio al laicato, creando una, mi si passi il termine, collegialità laicale intorno al sacerdote. La responsabilità di una parrocchia non può e non deve ricadere “solo” sul parroco e, quando va bene, su un viceparroco. La corresponsabilità laicale all’interno della Chiesa non deve essere annunciata nelle parole, ma soprattutto compiuta nei fatti.
Per quanto riguarda il reclutamento dei sacerdoti, esso avviene a tutt’oggi nei seminari, istituzione che ha visto la sua genesi nel 1563, nelle fasi conclusive del Concilio di Trento, quando si decise di mettere un freno all’ignoranza dilagante dei parroci e di alcuni vescovi.
Finalmente il Papa termina la sua omelia chiedendo a Gesù la stessa grazia che ha concesso a Pietro: “Noi chiediamo che ci guardi, che ci lasciamo guardare, e possiamo piangere, e che ci dia la grazia della vergogna, perché come Pietro, 40 giorni dopo, possiamo rispondergli: “sai che ti amiamo” e ascoltare la sua voce: “torna al tuo cammino e pascola le mie pecore” – e aggiungo – “e non permettere che alcun lupo entri nel gregge””. I lupi, purtroppo, ci sono e sono vigili e scaltri. La preghiera è che Cristo supporti la sua Chiesa affinché sia sempre vigilante, attenta e mai, in alcun caso, “reticente”.
Maria Raspatelli