Il tasso di disoccupazione fra i giovani di età compresa fra i 15 e i 24 anni ha raggiunto il livello record del 41,9% nel primo trimestre del 2012 azzerando di fatto 25 anni di crescita occupazionale. Non si toccavano queste percentuali, infatti, dal lontano 1977. I dati sono stati resi noti dall’Istat.
Il Governo finalmente pare aver preso a cuore il problema dei giovani annunciando un “Piano Nazionale contro la disoccupazione giovanile”, da lanciare prima del Consiglio Europeo. Letta, così come ha dichiarato personalmente, intende “dare più forza al Vertice” che avrà in agenda proprio il tema della lotta alla disoccupazione. Meno male che qualcuno inizi a prendere in considerazione i poveri giovani italiani, soprattutto quelli del Sud che, si sa, sovente abbandonano le loro case, le famiglie, gli amici, gli interessi per trapiantarsi in città sconosciute e non di rado ostili.
Persone di potere, non più tardi di qualche mese fa, li hanno definiti “bamboccioni”, addirittura “choosy”, selettivi, schifettosi nella ricerca del posto di lavoro, legati alla “sottana di mammà”. Sono state dette tante bugie per nascondere la verità dei fatti: l’incapacità dei Governi di risolvere il problema occupazionale dei giovani che, spinti dalla disperazione, hanno dato vita a veri e propri flussi migratori verso Paesi che invece sanno come valorizzarli. A intere città vengono sistematicamente sottratti idee, intelligenze, cervelli, braccia e forze fresche per lo sviluppo.
I dati del “Rapporto Migrantes sulla emigrazione giovanile” della Chiesa Cattolica parlano “di ‘nuovi migranti’, giovani dotati di un elevato titolo di studio, che scelgono di portare avanti parte del proprio percorso formativo e/o professionale all’estero, in paesi in grado di offrire loro maggiori (e migliori) opportunità. Si tratta sempre più di tecnici e persone altamente qualificate, perlopiù specializzati in settori ad alta intensità di ricerca e conoscenza, assunti da centri ricerca, università e imprese multinazionali”. I flussi sono diretti verso Paesi Europei come Gran Bretagna, Germania, Francia, Belgio, ma anche Stati Uniti e Cina. L’emigrazione giovanile, ci hanno raccontato, rappresenta un’opportunità per realizzare le legittime aspirazioni di carriera e per emanciparsi dalle difficoltà che attraversa l’attuale mercato del lavoro italiano, soprattutto quello relativo alle alte qualifiche.
Ma perché gli altri Paesi riescono a valorizzare le competenze dei nostri giovani e noi no?
Ma quanti sono i giovani veramente convinti di voler abbandonare le proprie terre per tentare fortuna altrove?
Che male c’è nel voler restare ancorati alle proprie famiglie, alle proprie origini e tradizioni?
Non rientra fra i diritti inalienabili dell’uomo quello di amare la propria terra?
Il premier Letta sostiene che il Piano Nazionale per l’occupazione giovanile “sarà composto da molti interventi che toccano i problemi”, tra i quali “l’istruzione e il Sud”.
E’ interessante che Letta, Primo Ministro e dirigente di spicco del PD, oggi si accorga che l’istruzione e il Sud sono due problemi seri per i giovani, in particolare meridionali. Peccato che la Scuola negli ultimi dieci anni sia stata luogo di scorribande governative più preoccupate di far cassa che di rilanciare il ruolo sociale di questo indispensabile istituto della nostra democrazia e volano insostituibile dello sviluppo del nostro Paese.
Non è mai troppo tardi, on. Letta!
Certo sarà difficile, ma non impossibile, porre rimedio ai tanti danni subiti dalla scuola ad opera di ministri non sempre all’altezza del ruolo a cui erano stati chiamati.
Fa bene il Presidente Napolitano a dichiarare: “Della questione sociale che si esprime soprattutto nella dilagante disoccupazione giovanile, bisogna farsi carico ponendola al centro dell’azione pubblica, che deve connotarsi per un impegno sempre più assiduo nella ricerca di soluzioni tempestive ed efficaci alle pressanti istanze dei cittadini. La fiducia potrà rinascere – ed essere a sua volta volano di migliori risultati – se le risposte saranno coerenti e mirate in uno sforzo continuo volto a riorientare l’utilizzo delle risorse pubbliche perché possa concretamente avviarsi una nuova fase di sviluppo e di coesione sociale”.
Il pensiero nobile del Presidente della Repubblica, on.le Letta, può essere tradotto nei seguenti due punti?
1. Detassazione totale, per un certo numero di anni, per le aziende che assumono giovani sotto i trent’anni.
2. Rilanciare la Scuola Pubblica con investimenti importanti, restituendo dignità agli insegnanti costretti da anni a stipendi da fame e prestigio all’imprescindibile ruolo sociale dell’Istituzione scolastica italiana.
Se vogliamo salvare i giovani e le nostre terre, on. Letta, non abbiamo alternative: punti su scuola e lavoro!
E già tardi ormai. Non perda ulteriore tempo.
Antonio Curci – curci@radiomadeinitaly.it