‘Città irreale
Sotto la nebbia bruna di un meriggio invernale
Mr. Eugenides, il mercante di Smirne,
Mal rasato, con una tasca piena d’uva passa
C.i.f. London: documenti a vista,
M’invitò in un francese demotico
Ad una colazione al Cannon Street Hotel
Seguita da un weekend al Metropole.
Nell’ora violetta, quando gli occhi e la schiena
Si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende
Come un tassì che pulsa nell’attesa,
Io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite,
Vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere
Nell’ora violetta, nell’ora della sera che contende
Il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto,
La dattilografa a casa all’ora dei tè, mentre sparecchia la colazione, accende
La stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato.
Pericolosamente stese fuori dalla fìnestra
Le sue combinazioni che s’asciugano toccate dagli ultimi raggi del sole,
Sopra il divano (che di notte è il suo letto)
Sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole.
Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrínzite,
Osservai la scena, e ne predissi il resto –
Anch’io ero in attesa dell’ospite atteso.
Ed ecco apriva il giovanotto foruncoloso,
Impiegato d’una piccola agenzia di locazione, sguardo ardito,
Uno di bassa estrazione a cui la sicurezza
S’addice come un cilindro a un cafone rifatto.
Ora il momento è favorevole, come bene indovina,
Il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca,
Lui cerca d’impegnarla alle carezze
Che non sono respinte, anche se non desiderate.
Eccitato e deciso, ecco immediatamente l’assale;
Le sue mani esploranti non incontrano difesa;
La sua vanità non pretende che vi sia un’intesa, ritiene
L’indifferenza gradita accettazione.
(E io Tiresia ho presofferto tutto
Ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto;
lo che sedei presso Tebe sotto le mura
E camminai fra i morti che più stanno in basso.)
Accorda un bacio finale di protezione,
E brancola verso l’uscita, trovando le scale non illuminate…
Lei si volta e si guarda allo specchio un momento,
Si rende conto appena che l’amante è uscito;
il suo cervello permette che un pensiero solo a metà formato
Trascorra: ” Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia finito. ”
Quando una donna leggiadra si piega a far follie
E percorre di nuovo la sua stanza, sola,
Con una mano meccanica i suoi capelli ravvia,
E mette un disco a suonare sul grammofono. ‘
(T.S. Eliot, The Waste Land)
MONDO – E’ il 1922 quando il poeta Thomas Stearns Eliot affronta il tema dello ‘squallore’ declinato nella quotidianità del suo tempo.
Dedica una sezione al rapporto tra uomo e donna, descrivendone minuziosamente i particolari: l’incontro, la relazione senza amore, l’istinto carnale frutto di un rapporto malato.
Quasi un secolo dopo, giornali e tv raccontano una realtà affine a quella dello scrittore.
E’ il 2017 quando una ragazza di 16 anni viene uccisa dal fidanzatino.
Un caso come tanti, si dice.
Ebbene, lo è.
La morte di Noemi è solo il risultato di situazioni viste e riviste, arrivate ormai al capolinea.
Situazioni scomode in cui si preferisce non ascoltare e non ascoltarsi, non guardare e non guardarsi, riassumendo tutto in un ‘addio’.
E non è vero che prima i cocci rotti si riparavano, non si tratta di progresso o di legami fragili perché ‘moderni’; l’amore liquido è sempre esistito, ma è scomodo ammetterlo.
Quando si ha paura di restare impigliati in relazioni stabili, temendo un legame stretto che comporti oneri troppo grandi da poter sopportare.
Quando si confonde l’amore col possesso.
Veloci come il tempo, le relazioni camminano sul fil di lana: non attecchiscono, sono sfuggenti.
Dunque non resta altro da fare che recuperare quella parte di speranza, ormai da troppo tempo intrappolata nel vaso di Pandora , e ricominciare da lì.