Ennesima storia di spose bambine in paesi dove è all’ordine del giorno che una minorenne, senza capacità di scelta, assista al suo matrimonio combinato e si sposi ancor prima di avere il suo primo mestruo. Rawan aveva solo 8 anni e la stampa inglese, la prima a sottoporre all’attenzione mediatica la vicenda, riferisce che la piccola sia morta per dolori e emorragie interne dopo aver avuto (coscientemente?) rapporti sessuali con suo marito di 32 anni più grande di lei. Fino agli anni ’90 si era posto una soglia d’età per il contratto di matrimonio, che fosse di 15 anni per le bambine e 18 anni per i maschi, termine abrogato per far riacquistare a pieno titolo la potestà e il potere decisionale sui figli. Si, perché in posti come la zona tribale di Hardh, vicino al confine con l’Arabia Saudita, nel nord-ovest dello Yemen il matrimonio è un “contratto” e quasi tutti i Paesi Islamici non hanno ancora ratificato la Carta Internazionale sui Diritti dei Bambini, quindi le leggi italiane o occidentali sull’affidamento e sulla libertà di espressione del minore non saranno mai riconosciute dai Tribunali islamici. Intanto gli attivisti si sono attivati affinché il marito e la famiglia della bambina vengano arrestati, sebbene la pratica del matrimoni tra minori di 15 anni sia diffusa. E così la Sharì’a’, soprattutto nei centri rurali e negli ambienti con minor cultura, diventa più forte e organizza tutta la vita della persona, sia individuale che collettiva dando all’uomo il potere economico, Sharì’a’, è la Legge islamica sacra che è composta dal Corano e dalle Sunnah ed è un insieme di norme religiose, giuridiche sociali con numerosi doveri che il buon musulmano deve rispettare, e per il musulmano rigoroso rappresenta la più assoluta e completa sottomissione dell’uomo a Dio. Ma è davvero questo il volere della legge sacra?
Giuseppina Raco