Controlli su 80 dentisti,33 milioni di euro sottratti a tassazione e cinque milioni di euro sequestrati, come presunto profitto di dichiarazione fraudolenta per gli anni dal 2016 al 2020. Sono i numeri dell’operazione che vede indagati 47 odontoiatri, nell’ambito delle indagini della guardia di finanza di Bari che coinvolgono tutte le province di Puglia e Basilicata: il 70% degli accertamenti ha riguardato studi professionali del Barese.
Gli accertamenti sono partiti in seguito a una verifica nello studio di un odontoiatra di Casamassima, Giuseppe Azzone, che con l’aiuto dell’ingegnere informatico di Palo del Colle, Tommaso Carbone, fornitore del software gestionale, il «Suite Medical Gold», riusciva a tenere una contabilità parallela, ostacolando così l’attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria. Gli inquirenti hanno dunque sequestrato cellulari, dispositivi informatici e documenti, oltre a copie di backup del software usato anche da altri professionisti. Per accedere a questo software era sufficiente inserire una pendrive nel computer, premere il tasto F12 sulla tastiera e digitare una password. In questo modo, era possibile creare delle schede cliente nelle quali inserire la contabilità in nero.
L’ingegnere, come emerso, avrebbe anche creato delle chat con i professionisti nelle quali faceva riferimento alla contabilità ‘black’ e invitava i suoi clienti alla prudenza. In alcune di queste chat, come scrivono i finanzieri, «si fa riferimento alla necessità di contabilizzare i pagamenti delle prestazioni sanitarie ‘in chiaro’ o ‘in nero’ a seconda che il cliente richieda o meno la fattura». Anche alcuni pazienti hanno dichiarato di aver pagato prestazioni in contanti senza ricevere fattura.
Avverte il procuratore di Bari nel corso di una conferenza stampa, Roberto Rossi, «Invitiamo i cittadini – ha detto – a chiedere sempre ricevute e fatture. Si pensa che non facendolo si risparmi, ma non è così, perché» i pagamenti a nero «provocano un effetto sul sistema globale. Sono debiti che lasciamo ai nostri figli. Un recupero da 33 milioni di euro come quello di oggi, in concreto, vale un ospedale». Come ha sottolineato il procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa, che ha coordinato le indagini insieme alla pm Luisiana Di Vittorio, «le imposte direttamente evase ammontano a 14 milioni di euro».