Se il termine resilienza necessitasse di un esempio palpitante di vita, uno dei possibili nomi sarebbe Frida Kahlo divenuta simbolo di un Messico ricco di fervore politico e dal livello artistico straordinario.
“Frida” (2002), la versione per il grande schermo di Julie Taymor è l’ultimo appuntamento della rassegna Biopic – Cinema d’Arte (realizzata con il sostegno di Apulia Film Commission) al Cineporto di Bari il prossimo giovedì 28 maggio alle 20.30. La proiezione, oltre la consueta presentazione a cura diAlessandro De Luisi, presidente dell’associazione promotrice PugliArte e del critico d’arte Ludovico Pratesi, sarà preceduta da una breve performance tratta dalla pièce “Effe. Luna. Frammenti di Frida” di e con Maria Elena Germinario. Ingresso gratuito (fino a esaurimento posti).
Il film, adattamento dal libro “A Biography of Frida Kahlo” di Hayden Herrera, si è aggiudicato ben quattordici premi, tra cui due Oscar (Miglior trucco e Miglior colonna sonora originale) oltre le diverse nomination, tra cui spicca quella ai Golden Globe per l’attrice protagonista Salma Hayek, che ha realizzato personalmente alcune riproduzioni dei dipinti utilizzati durante le riprese.
Fortemente voluto dalla stessa Hayek alla cui idea ha lavorato svariati anni come conferma la regista in una intervista all’epoca dell’uscita del film: “Se Frida esiste lo devo a Salma Hayek e al modo con cui ha saputo raccontarmi chi fosse e cosa significasse per la sua cultura. La prima volta che è venuta a trovami è rimasta a parlarne per oltre due ore. Il suo tono mescolava la passione alla commozione, e non riuscivo a credere che questa attrice di successo avesse dedicato sei anni della sua vita per vedere realizzato un film in cui credeva”.
Nell’hollywoodiano cast che annovera Alfred Molina nei panni del “due volte marito” Diego Rivera, Geoffrey Rush interprete dell’esule e poi amante di Frida Leon Trotskij, Antonio Banderas, Edward Norton, Ashley Judd per il volto dell’amica e fotografa Tina Modotti, anche l’italianissima Valeria Golino.
Sulla pellicola la critica si è molto divisa, chi salvando solo qualche sequenza come quella di animazione realizzata dai fratelli Quay, chi l’interpretazione della protagonista. Certamente nel tentativo di semplificare un mito a misura di schermo, ancorché grande, occorre scegliere e sacrificare. La Taymor piega verso due percorsi: il sentimento, totalizzante eppure fedifrago tra Frida e suo marito, mai pago di nuove altalene amorose, e la sofferenza fisica, esito di un corpo lacerato che si riversa come un atto poetico negli autoritratti, ristretti in dimensioni spesso piccole quasi a desiderarne l’annientamento e che invece per contro diventa espressione di un talento urlato e imperituro.
La redazione