Finanche le dichiarazioni del premier – a latere di una vacanza a Cormayeur – fustigano l’83% di assenze per epidemia (ma anche per altro quali Legge 104 dovuta a chi assiste famigliari disabili ecc.) occorse nella notte di Capodanno tra la Polizia Locale di Roma Capitale.
Da ciò, in parte giustamente, si innesta la miccia del “daje addosso” al dipendente pubblico, si cavalca l’onda del malcontento popolare, si esacerbano soluzioni bulgare da qualche tempo diffuse in maniera preoccupante, almeno negli intenti.
Si nasconde però, ed in questo hanno colpa anche i mezzi di informazione, che in realtà non occorre demolire l’art.18 per licenziare il Dipendente pubblico infedele o in esubero: esiste infatti già da oltre un decennio, tra l’altro, il D.Lgs 165/01 che prevede diverse ipotesi di licenziamento per giusta causa/giustificato motivo (esubero, persistente scarso rendimento ecc.).
Da qui, dunque, l’evidenza della viscida cialtroneria – se non inscusabile ignoranza – della classe politica o populistica che cavalca il malcontento prendendo spunto da una situazione certo comunque problematica col fine subdolo, che le masse parrebbero non aver colto, di demolire le conquiste sindacali e civili di una intera Nazione.
Dimentica infatti chiunque reclami una generale privatizzazione del pubblico impiego la natura di pubblico ufficiale del pubblico dipendente che attende alle sue funzioni; dimentica dunque chiunque voglia crocifiggere – con metodi da tribunale autodafé se non con violenza verbale tipica della fomentazione pretumultuosa – il dipendente pubblico che lo stesso se non rappresenta dovrebbe rappresentare una terminazione per il confronto tra il cittadino e la pubblica Amministrazione e in ogni caso più in genere lo Stato.
Il compito del giornalismo vero è dunque – in quest’epoca di vuoti proclami (guarda caso via via crescenti man mano che si avvicina una tornata elettorale) – descrivere i fatti possibilmente motivandoli con concreti elementi, al fine di sottoporre la verità, o perlomeno una sua qualche degna prospettazione, a chi voglia davvero informarsi senza il virus del pregiudizio.
Ora, dovrà ripetersi sino alla noia che nell’universo dei dipendenti pubblici – come in qualsiasi realtà anche multinazionale o anche solo mediamente industriale – si cela una umanità specchio proporzionale della attuale società civile e, dunque: stakanovisti, arrivisti, onesti lavoratori, imboscati, malati immaginari, subdoli, raccomandati, trombati ecc.
I mezzi legali per un controllo diretto della efficienza ed efficacia dei lavoratori i Dirigenti pubblici li hanno già tutti, fino all’estremo epilogo del licenziamento.
Gli stipendi dirigenziali garantiscono, oltre che una pasciuta esistenza, il diritto – che poi diventa anche dovere – di provvedere a rimproverare, redarguire, richiamare per iscritto e dunque alfine licenziare.
Tutto il sensazionalismo di questi giorni, pertanto, altro non appare ai più smaliziati se non classico epilogo dei poteri forti che, negli ultimi fatti di Roma, hanno colto la palla al balzo per rimarcare il sempiterno detto – guarda caso proprio Romano – “Divide et Impera”.
Roberto Loporcaro