Lo spread cala, le borse crollano , l’economia in recessione ma due grandi aziende rincuorano il cittadino depresso. L’Ikea disinveste in Asia e viene in Italia con un miliardo e rotti di euro per aprire un grande stabilimento. Porsche, notizia fresca di giornata, acquisisce la pista di collaudo a Nardò per mettere a punto le sue vetture. Anzi in questo caso si parla di un’implementazione di tecnologia, onde farne un centro di ricerca. Due grandi marchi europei, entrambi con un grande valore aggiunto intrinseco, noti nel mondo, guardano all’Italia. Una scommessa azzardata? O piuttosto una scelta ponderata dove finalmente viene sfatato un mito: l’elevato costo del lavoro. Quindi se non è quest’ultimo fattore la causa del declino dell’economia italiana come dimostrano due aziende sane, se non è una politica governativa ad attirare gli investitori con politica della crescita assente, cosa induce l’Ikea a lasciare l’Asia dal costo del lavoro basso o Porsche a venire nel profondo Sud? Il valore aggiunto , bistrattato dai “lungoveggenti” soloni della Confidustria è dato dal lavoro a dai lavoratori italiani. La fantasia, l’inventiva, la tradizione dopo anni di omologazione sono doti rivalutate. La globalizzazione ha fatto credere che il prodotto fatto in Cina fosse uguale a quello fabbricato in Italia. Porsche sa benissimo che la passione per l’auto nasce dalla cultura dei Ferrari, Maserati, dei Lancia e dei Romeo, marchi ormai indelebili nella cultura mondiale. Ikea conosce e sa benissimo della perizia dei nostri artigiani del legno e del mobile nonchè dello spiccato gusto e bravura dei nostri designers.
Loro lo hanno capito ed altri campi aspettano di rivedere nuova luce: il distretto tessile di Prato, o piuttosto la tecnologia dell’elettrodomestico fatto in Corea con qualità scadente e di breve durata che ritorni nell’Italia della Candy, Rex, Ignis e perchè no il ritorno ai fasti dell’Olivetti artefice dei primi personal computer?
Chi vede lontano intuisce ed anticipa i tempi. La crisi apre la strada e induce a spendere quei pochi soldi nel bene duraturo e di qualità. La cultura, l’interpretazione dei tempi batte l’economia e la finanza su tutti i fronti.
Ancora una volta l’uomo guarda in sè stesso e trova risposte, lì disponibili, credute erroneamente inutilizzabili. Alla faccia degli speculatori, pochi, miopi destinati ad essere battuti dall’uomo che lavora e pone solide basi alla crescita di valori indistruttibili: giusto guadagno, soddisfazione e partecipazione al lavoro, creazione di famiglie, la casa, il riposo e soprattutto il rispetto per sè stessi.
Leonardo Damiani