La pasta fa male, il pane è tossico, le patate sono contaminate, i dolci sono cancerogeni, la frittura uccide… Da qualche tempo a questa parte persino le riviste più prestigiose pubblicano decaloghi manichei che demonizzano quasi tutto quello che mangiamo. Un approccio che cancella le tradizioni, medicalizza il cibo e ci priva dei piaceri del palato. Giusta l’attenzione alla salute ma evitiamo gli eccessi: parola di Marino Niola, antropologo e docente all’Università Orsola Benincasa di Napoli che al rapporto tra uomo e cibo ha dedicato importanti studi.
Quella che viviamo è l’epoca del paradosso: combattiamo il sovrappeso e l’obesità ma ricerchiamo spasmodicamente i cibi “senza”: senza glutine, senza lattosio, senza grassi, senza olio di palma, senza zucchero… Le maniglie dell’amore e i chili di troppo accendono in noi il senso di colpa e troviamo rassicurante comprare ciò che non c’è, scegliendo un prodotto non per quello che ha dentro ma per quello che gli è stato tolto.
Noi italiani ad esempio siamo sempre stati grandi amanti della tavola e del cibo ma dalle recenti analisi di mercato emerge un’attenzione sempre maggiore alla salute e alle proprietà curative e antiossidanti degli alimenti. Il legame fra cibo è salute è in verità antichissimo e comune a tutte le culture. Gli uomini hanno sempre pensato che uno dei modi più efficaci per proteggere e recuperare la salute passi proprio attraverso ciò che mangiamo. La novità invece sta nell’enfasi che ne danno i media e nelle paure dei consumatori. Quando queste paure diventano ossessive si può parlare di un vero e proprio disturbo alimentare, chiamato ortoressia. Il termine deriva dal greco orto che significa giusto e orexis che significa appetito e indica l’ossessione patologica per il mangiare sano. Se allora il tema del legame cibo – salute è antico, non lo è il timore di perdere il controllo del cibo. Questa super attenzione si accompagna alla scoperta salutista di tanti cibi più o meno esotici, figlia più che altro delle esigenze di un mondo sempre più globalizzato. Non male, se pensiamo che questi scambi culturali ma anche alimentari ci consentono di sperimentare cose lontane e anche molto buone. La storia però che dall’altra parte del pianeta ci siano luoghi ameni e straordinari con cibi migliori dei nostri è un po’ una leggenda. Cosa sappiamo veramente di cibi che nascono così lontano? E allora rilassiamoci, perché ciò che è buono fa bene e ciò che fa bene è buono, recuperiamo pure la nostra tradizione dietetica con serenità e godiamoci i piaceri del palato. Sapere cosa stiamo mangiando ma senza esagerare!
Ilaria Delvino