In occasione dell’intervista rilasciata a “Le invasioni Barbariche”, il 19 marzo, Flavio Briatore si è rivolto ai giovani: “Un consiglio? Andate a lavorare nei paesi dove c’è sviluppo: in Africa, ad esempio. C’è voglia di manodopera, assunzioni, c’è voglia di lavorare. Fossi giovane, andrei nei Paesi asiatici, Malesia, Cina, Shanghai, Africa. Lì c’è uno sviluppo enorme, l’Europa è ferma, stagnante. Fossi un ragazzo non farei l’università”, spiega Briatore, “viaggerei, imparerei la lingue, le opportunità non sono in Italia a fare l’avvocato o il commercialista, in un momento in cui c’è un’economia molto ferma, si deve tentare di fare lavori che magari non sono quelli ti piacciono. Ci sono troppi laureati e troppa poca gente che lavora”.
Si potesse anche rispondere, ai consigli che ci danno direttamente dalle poltroncine dei talk show, risponderei: ai giovani (quelli veri, non quei robot acefali plasmati dalla dea TV e programmati per venerare il dio Denaro), dei consigli di Flavio Briatore, non interessa nulla. Anzi, ci si chiede perchè venga ancora concessa la parola ad un esperto di bische clandestine e gioco d’azzardo, che vive su uno Yacht (verrà sequestrato dalla Guardia di Finanza, pensa un pò) su tematiche importanti e delicate come il futuro, la crisi attuale e l’occupazione giovanile. L’impresa che, in questo periodo storico deve essere ascoltata e valorizzata è quella piccola e media impresa che è stata maggiormente colpita dalla crisi. Magari quella che è riuscita a salvarsi (chiediamole come, ci sono tante storie del “Nuovo Risorgimento Italiano” che noi non conosciamo) e non si è tolta la vita con una fune in garage, lasciandosi alle spalle famiglie mutilate. Vincere senza rispettare le regole del gioco è molto facile, arricchirsi illegalmente anche. I modelli da proporre certamente non sono questi. Il messaggio che deve passare, in un periodo storico così delicato, non è quello proposto dal Sig. Briatore. Anche perchè, domandare ad un evasore fiscale (nel 2011 è stato costretto a versare la somma di un milione e mezzo di euro, accusato di frode ai danni dello Stato) come migliorare la situazione socio-economica attuale in Italia è realmente paradossale. Consigliare ai giovani di bypassare quell’iter tecnico-formativo, quel percorso accademico, che ti permette di acquisire competenze e formazione e ricoprire incarichi di responsabilità nel pubblico, nel privato, nella piccola e (anche) nella grande impresa è altamente controproducente. Rivolgersi ad una generazione confusa e massacrata, bombardata da cattivi esempi, falsi messaggi e costretta a guardare un opaco cielo di speranze, adombrato da una cappa di disillusione, è compito spinoso. Toccherebbe farlo a chi, realmente, ha qualcosa di prezioso da offrire. Convincere che la soluzione a migliaia di “futuri in attesa” sia scappare, colonizzare terre non contaminate e spremere come limoni risorse che non ci appartengono, è una mossa scorretta, tipica di chi è abituato alle scorrettezze. E’ realmente giusto dequalificare, svilire e svalutare il lavoro intellettuale di migliaia di giovani (si parla di laureati, ma anche di coloro che investono energie anche in percorsi di formazione collaterali) e convincere che ormai la laurea “non serve più”? Non studiate, dice. Andate in Africa. Me lo vedrei proprio, un giovane italiano, abituato alla lasagna della mamma la domenica mattina, senza arte nè parte, senza uno straccio di laurea, nel pieno di una savana africana, convinto di avere grandi possibilità. Sfido: sarebbe divorato da un leone senza troppi complimenti. Ma scherzi a parte: ingannare gli adulti del futuro, assicurando che per viaggiare, imparare le lingue, far nascere imprese ed investire denaro, non serva studiare, formarsi e far fatica, non è corretto. Siamo arrivati all’assurdo: conferire più dignità (umana e sociale) a lavoretti provvisori che certamente remunerano (poco) nell’immediato ma assolutamente non gratificano culturalmente, rispetto ad un percorso tecnico sommerso, durato anni, rispetto ai sacrifici fatti per investire in cultura e formazione e ricerca, rispetto all’educazione al lavoro, è avvilente. Parlo da laureata, parlo da laureata in lettere classiche, campo “inutile” per eccellenza (insieme a Beni Culturali, per assurdo) perchè “con il greco e con il latino non t’arricchisci”. Eppure, considerando che viviamo in Italia, culla della civiltà mondiale, che possiamo vantare la storia politica ed economica più antica del mondo e che le nostre città sono veri e propri musei a cielo aperto, toccate in ogni periodo dell’anno, da nord a sud, da ondate di turisti, forse con la cultura ci si potrebbe arricchire, eccome. Basterebbe smettere di considerare la cultura stessa un inutile orpello di cui fregiarci solo quando uno straniero definisce l’Italia in tre parole: “pizza, mafia e mandolino”; paradigma che, se continuiamo a considerare opinionisti ed intellettuali, indagati e prostitute, finirà (o è già finito) per corrispondere a realtà. Solo che, adesso, al mandolino ci abbiamo sostituito la consolle digitale del Billionaire. I giovani, dunque, non chiedono consigli su come far soldi facili in qualche landa sperduta (e ancora vergine) dell’Africa subsahariana, chiedono giustizia: giustizia per la dignità negata, per l’onestà brutalmente assassinata, chiedono la licenza di potersi indignare davanti a ciò che non è giusto, chiedono moralità, integrità e bene comune. Ma, sopratutto, chiedono buoni esempi. Chiedono modelli da imitare e da seguire. Desiderano la libertà di poter arricchire il proprio bagaglio.
Quello culturale, s’intende. Non quello che, purtroppo troppo spesso, varca la frontiera farcito di denaro sporco sotto il vigile occhio dei potenti.
Chiara De Gennaro
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