Quasi amici, di Olivier Nakache, Eric Toledano. Con François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Clotilde Mollet, Audrey Fleurot. Francia 2011, Medusa.
Lo confesso: vado a vedere il film del momento, primatista al box office in Francia e campione d’incassi anche in Italia, senza particolari aspettative a anche un po’ prevenuto. Sarà per via delle lodi sperticate, che solitamente non mi trovano mai d’accordo a fine proiezione, dalle quali è accompagnato, oppure semplicemente perché è francese. Diciamolo: la Francia è famosa per i vini e i formaggi, per i melò sentimentali e per i film esistenzialisti (quelli dove nessuno dice una parola per metà del tempo, per intenderci), ma non per le commedie, a parte rarissime eccezioni (Giù al nord, per citare un caso recente). E invece…Ma andiamo con ordine. Quasi amici, questo l’infelice titolo italiano (sarebbe stato meglio lasciare il titolo originale, Intouchables, per i motivi che dirò più avanti) è la storia di due individui, due emarginati, anche se per ragioni diverse, due persone provate dalla vita che tra loro non hanno alcunché in comune, risultando anzi (quasi) speculari. Philippe è bianco, benestante, sensibile, amante dell’arte, costretto sulla sedia a rotelle perché paraplegico. Driss è nero, povero in canna, impulsivo, impertinente, sprizza vitalità e simpatia furfantesca da ogni poro. E che ci azzeccano? Direste voi, come il Di Pietro nazionale. Il fatto è che, pur provenendo da mondi diversi e inconciliabili,“intoccabili” appunto, come due rette parallele destinate, come ci hanno sempre detto a scuola, a non incontrarsi mai, i due protagonisti del film prima “inciampano” casualmente uno nell’altro, si “annusano” come gli esemplari di due specie diverse, infine decidono di violare la regola geometrica di cui sopra, insieme a un buon numero di convenzioni sociali (con grande disappunto di qualcuno, da ambo le parti), facendosi compagni di viaggio. Poco importa se il loro rapporto è, almeno inizialmente, dettato dalla reciproca convenienza: quello che Olivier Nakache e Eric Toledano, i registi del film, ci vogliono dire, è che l’amicizia vera nasce anche nei posti e nei modi più impensabili (dal letame nascono i fior, cantava De André), l’importante è mettere da parte pregiudizi, categorie e bollini blu. L’importante è lanciarsi ma soprattutto affidarsi, questo ci insegnano Philippe e Driss, come nell’emblematica e bellissima scena del parapendio. Dire la verità, piuttosto che compiacere. È questa l’amicizia. Anche se richiede un ulteriore, necessario passaggio, che non sveleremo per non guastarvi troppo la visione. Tratto da una storia vera, opportunamente riadattata con qualche licenza, a modesto parere di chi scrive il film è una delle più belle pellicole mai girate sull’amicizia. Non fatevi ingannare dal titolo: quei due furbacchioni di Philippe e Driss lo sanno davvero, o meglio lo imparano, il significato di questa parola. E, a fine proiezione, ne sapremo (forse) qualcosa di più anche noi. Dimenticavo: essendo una commedia, volete sapere se si ride o meno. Ebbene, il film non è solo divertente, fa sbellicare. Ma non a furia di battutacce, colpi bassi, ammiccamenti e facili allusioni che mirano più alla pancia dello spettatore, come ahimè ci hanno abituato decenni di cinepanettoni; qui si ride in maniera intelligente, e anche un po’ scorretta. Insomma, mentre mettiamo alla prova i muscoli facciali, le rotelline del nostro cervello non si fermano ma continuano a girare. Un film per ogni età, particolarmente indicato agli adolescenti visti i contenuti e il modo in cui vengono affrontati, per ridere e riflettere. Da vedere.
nicola papa
Complimenti ! Non si poteva commentare meglio una grande pellicola